Muore di malaria bambina di sette anni. Ma si poteva evitare?

Muore di malaria bambina di sette anni. Ma si poteva evitare?

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29 settembre 2019: commento del dr. Paolo Meo ai fatti.
La notizia è di quelle che destano clamore e dolore, sconcerto e tanta rabbia. Quella notizia che compare, talvolta, nelle prime pagine dei nostri giornali, rimane qualche giorno, suscita polemiche e poi scompare. Tutto rientra nella normale amministrazione della incoscienza con cui molti viaggiatori, fai da te, affrontano i viaggi ovunque nel mondo ma in particolare in aree a rischio di malattie infettive, e soprattutto della incoscienza di alcuni sanitari che si propongono esperti ma esperti non sono. I fatti: nella serata del 27 settembre una bimba di 7 anni muore di malaria ad Alessandria. Inizialmente le notizie sono frammentarie e sembra che la responsabilità sia tutta da attribuire a quei poveri genitori che, come spesso capita, con grande superficialità, affrontano i viaggi e soprattutto fanno affrontare in modo assai rischioso il viaggio ai propri figli. Prima di conoscere i fatti veri leggi sui giornali che il papà della bimba vuole denunciare i medici e non capisci il perché? Ti poni la domanda Ma sono sempre i medici che sbagliano? Forse bisognerebbe pensarci prima che succedono le tragedie? Spesso la prevenzione o la preparazione di un viaggio è sempre l’ultimo dei pensieri! Da medico cerchi di difendere in qualche modo la classe medica, che pensi essere sempre attenta ed accorta ad i principi della sicurezza e della prevenzione. E pensi anche che i viaggiatori e le famiglie non stiano attente ad i rischi ed alle pratiche preventive. Ti tornano in mente tanti luoghi comuni e leggende metropolitane che vorresti eliminare. Poi cominciano ad arrivare notizie sempre più precise e ti accorgi con tristezza e con rabbia che la superficialità, l’incompetenza e le responsabilità è di alcuni addetti ai lavori. E non riesci a credere a quanto dice la stampa. La pediatra della bambina, correttamente, invia all’ufficio di Igiene preposto, la piccola con la famiglia, che chiede informazioni corrette. Si parla di Nigeria, questa sconosciuta. Si sfogliano libri, si apre internet, si consiglia di fare secondo quanto è scritto. Si parla di meningite, dei paesi della cintura del meningococco, si propone questo vaccino ed anche qualche altro. Ma la malaria ce la siamo dimenticata, non se ne parla. Forse perché la mamma è nigeriana, forse per rispetto e per … non si sa cosa. Fatto sta che la bambina parte senza protezione. Rientra in Italia dopo un soggiorno durante la stagione delle piogge. Con la malaria al massimo della sua presenza. Durante una stagione particolarmente umida e piovosa, che ha favorito l’aumento esponenziale della presenza di zanzare nell’ambiente. Ma nessuno ne parla e la famiglia si fida dei consigli degli “addetti ai lavori”. Ma quanti sono gli addetti ai lavori coscienti e conoscitori delle realtà dei luoghi? Da quei sanitari il cui compito è conoscere, valutare e consigliare spesso giungono indicazioni errate. Il rischio non esiste o se esiste è di altri. Anche per molti addetti ai lavori è più pericolosa la medicina che la malattia. E con queste leggende si creano situazioni di grave rischio. Naturalmente tutto questo fino a prova contraria. I genitori della piccola chiedono consiglio ma è un rimpallarsi di notizie, informazioni. Ognuno fornisce una notizia ed un parere differente; la confusione impera, e la tragedia è dietro l’angolo. Il rientro dal viaggio è ancora peggio. Dubbi, incertezze diagnostiche, tempo perduto dai medici a pensare che non è nulla. Sintomi sfumati che aumentano. Malessere leggero senza risposte, senza un motivo. Un sospetto, un dubbio, un invio immediato in ambiente specialistico avrebbe salvato quella bambina. E allora ti piglia un senso di sconforto e di rabbia. Ma perché quella attesa? Perché pensare che non è nulla, quando il soggiorno è stato in aree a rischio malarico. Quando è troppo tardi, quando si attende inutilmente anche strutture idonee e preparate, nell’emergenza, possono fare molto poco. Il compito del personale sanitario addetto è quello di valutare il rischio reale della malattia; verificare le situazioni climatiche ed ambientali che favoriscono la presenza della malattia; sapere quali insetti vettori sono presenti sul terreno; fornire le informazioni corrette e comprensibili; consigliare farmaci e prodotti utili, efficaci ed accettati dai propri viaggiatori. Al rientro è essenziale saper affrontare i malesseri, anche lievi, non con superficialità e sufficienza ma con un corretto approccio clinico, per evitare situazioni irreparabili. Saggio è il sanitario che, non conoscendo i problemi, consiglia ai propri viaggiatori o pazienti ambienti idonei e li rende consapevoli dei rischi.

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