Malaria cerebrale. Imperizia e superficialità di alcuni medici causano ancora troppi morti.

Malaria cerebrale. Imperizia e superficialità di alcuni medici causano ancora troppi morti.

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Muore di malaria cerebrale un giovane di 38 anni in missione di lavoro in Camerun a fine dicembre 2023. Questo lavoratore di una importante azienda di Cremona, la OCRIM, si è recato nel paese africano nel mese di novembre 2023, paese ad alto rischio malarico, senza indicazioni per la protezione dalla puntura delle zanzare, nè un comportameno corretto assumemdo  una profilassi farmacologica protettiva adeguata. E’ morto per una violenta forma di malaria cerebrale. L’ennesima morte da malattie esotiche causata dall’imperizia di medici privi di ogni preparazione. Le responsabilità sono sempre prima della partenza, con informazioni confuse ed incerte, ed al rientro con incapacità di gestire l’evento morboso.

 

I fatti
Questo episodio è avvenuto dopo circa un mese dal rientro del lavoratore dal paese africano. Poco prima di Natale, aveva manifestato per circa una settimana sintomi lievi, scambiati per sindrome influenzale (come al solito), da medici superficiali ed incompetenti. Questi sintomi si sono aggravati in pochi giorni, improvvisamente, e sono esitati in “crisi epilettiche” causate da un focolaio cerebrale malarico, e in poche ore in coma irreversibile. Il decesso è avvenuto dopo un giorno alla fine di dicembre ‘23. Questa è la caratteristica della malaria cerebrale, improvvisa, inaspettata, incontrollabile. Tutti i medici ed il personale sanitario dovrebbero oramai conoscere l’origine e l’evoluzione di questa forma tropicale, ma non è così. La diagnosi tardiva di malaria, e la terapia specifica che segue, in emergenza, non è servita a nulla in questo caso, né è utile nei ritardi di diagnosi. Il processo è quasi sempre irreversibile. Il decesso è ineludibile. E’ opinione comune considerare la malaria uno scherzo, una comune malattia da viaggio, si arriva poi a drammi incomprensibili. Deve essere chiaro a tutti che la malaria non è uno scherzo. Di malaria si muore.

La responsabilità professionale
Non si comprende perché, nonostante che il tema “malaria nei viaggiatori” sia affrontato in tutte le salse, alcuni medici curanti di pazienti rientrati dai paesi “a rischio malaria”, con sintomi lievi di tipo simil influenzale, non comincino prima ad escludere la possibile malaria, che può evolvere in pochi giorni in forme gravi, e poi in un secondo momento, ad escludere l’eventuale influenza o altre malattie lievi. Occorre invertire il modo comune di pensare da parte di molti medici e personale sanitario addetto e anche dei pazienti-viaggiatori: “ è solo una influenza; è solo una diarrea; è solo un raffreddamento”; e solo in seguito, quando la malattia è ormai avanzata ci si ricorda che ci sono malattie tipiche dei viaggi che si possono aggravare in poco tempo. La norma da seguire da parte di tutti è la seguente: “prima si esclude l’ipotesi più grave e la possibile insorgenza di malattie tipiche del paese meta del viaggio. Poi, una volta esclusa questa ipotesi, allora si passa a considerare forme più leggere e meno pericolose.

Non tergiversare nel prescrivere la terapia nel dubbio.
Questa è un’altra buona abitudine basata su esperienze di anni di lavoro sul campo, un comportamento medico basato sulla prudenza e sulla consapevolezza del rischio di questa malattia: nell’incertezza di una diagnosi riguardante la “grande ingannatrice, ossia la malaria”, anche in presenza di test di laboratorio negativi, ma con il persistere di sintomi reali e dubbiosi, è meglio sottoporre il paziente che giunge da paesi a forte rischio di malaria da “plasmodio falciparum”, ad una terapia antimalarica “ad iuvantibus”. Ossia sottoporre a terapia antimalarica la persona anche con diagnosi incerta o dubbia, ma con il solo sospetto, allo scopo di evitare peggioramenti pericolosi in caso di presenza del parassita malarico. Meglio attivarsi nell’incertezza che tergiversare dimostrando una incompetenza senza scusanti. Non confidate nelle dignosi di laboratorio ma seguite l’istinto clinico ed il sospetto sui sintomi.

La responsabilità della medicina del lavoro ed i medici aziendali

Descritto il fatto riguardante la morte di un giovane lavoratore che si era recato in un paese a rischio di malaria, vorrei ora affrontare il tema riguardante la “responsabilità medico-legale” dei “medici aziendali”. Responsabilità che riguarda anche il “datore di lavoro”, secondo le leggi vigenti. E’ obbligo di qualsiasi medico aziendale, per evitare danni, malattie infortuni durante una missione all’estero ai lavoratori, ed anche degli RSPP, ossia dei rappresentanti dei lavoratori, per la sicurezza sul lavoro, informare dei rischi reali legati all’ambiente del lavoro e fornire indicazioni preventive corrette. Ossia, il primo dovere del medico aziendale è quello di effettuare una “valutazione dei rischi” del paese, dell’area, dei luoghi e degli ambienti di lavoro, di valutare i reali rischi biologici, ossia delle malattie infettive possibili, e sulla base di queste valutazioni eseguite proporre al lavoratore, in missione all’estero, le corrette pratiche preventive e comportamentali e stilare dei protocolli per evitare i rischi legati alla mansione, al rischio biologico dell’area, ad altri rischi legati alla missione. La “responsabilità dei medici aziendali” riguardante il rischio biologico, ossia il rischio derivato dalla presenza di microbi causa di malattie infettive, presenti nell’area di lavoro, è dettato dal “titolo X della legge 81/08”. E questa è una responsabilità enorme che richiede conoscenza perizia e aggiornamento.

La valutazione reale del rischio, il primo passo per una corretta protezione di chi viaggia.

Il “medico aziendale” ed anche il “personale dei centri di medicina dei viaggi” hanno il dovere di effettuare una valutazione della reale presenza del rischio di malattie nell’ambiente; del loro mutare nel tempo, al variare del clima, della stagione, e della risposta ambientale ai mutamenti climatici. Da queste valutazioni il professionista deve fornire le corrette indicazioni della prevenzione e dei comportamenti da adottare, per evitare l’insorgenza di malattie in corso di missione, di un soggiorno o al rientro da questo.

Medici aziendali

Lo stesso medico aziendale, raccolte le informazioni, anche all’interno della sua azienda, con contatti periodici nei luoghi di riferimento, elabora le indicazioni, compila un protocollo da seguire e fornisce al personale in partenza i giusti consigli delle cose da fare prima del viaggio e dei comportamenti in loco. Il medico aziendale ha anche il dovere di seguire il proprio personale in missione ed essere a conoscenza delle malattie del lavoratore al rientro dalla missione. Tra i suoi compiti quelli di avvisare i medici curanti o le strutture ospedaliere degli eventuali rischi a cui il lavoratore è stato sottoposto.

 

I consulenti specialisti al fianco dei medici aziendali e dei curanti.
Il medico aziendale, come spesso capita, non ha la preparazione specialistica per affrontare un compito così impegnativo. La valutazione dei rischi biologici è materia molto specialistica. Per questo motivo è buona norma rivolgersi ed utilizzare consulenti specialisti ed esperti, per fornire un servizio corretto ed evitare di incorrere in responsabilità anche gravi, a cui è legato anche l’RSPP aziendale ed il datore del lavoro. Le leggi che regolano e tutelano la salute del lavoratore all’estero vanno applicate in toto per evitare casi come quello descritto in precedenza, ed evitare di incorrere in gravi responsabilità anche penali.
Questa situazione di conoscenza delle malattie esotiche che insorgono all’estero durante i viaggi, riguarda anche i medici curanti o i clinici di pronto soccorso o ospedalieri che non sono in grado di capire lo stato di salute di una persona appena rientrata da viaggi in aree a rischio. Queste responsabilità riguardano la gestione preventiva e curativa di tante malattie presenti nei luoghi di lavoro e di soggiorno all’estero, a cui tanti viaggiatori sono soggetti.

Queste considerazioni ed indicazioni sono dettate da una esperienza pluridecennale nei cantieri di grandi aziende cominciata nel 1989 in Etiopia e seguitata in tanti paesi africani, gestendo servizi sanitari aziendali negli ambienti più diversi, per poi proseguire fino ai nostri giorni, lavorando a fianco di medici aziendali, come consulente, proprio per applicare al meglio la tutela di coloro che lavorano all’estero. L’esperienza del lavoro all’estero, in ogni tipo di ambiente e di clima, ci insegna che la tutela della salute del viaggiatore comincia dallo studio degli ambienti di lavoro e di soggiorno; dall’attenzione alla reale situazione climatica, stagionale e dei cambiamenti che mutano l’ambiente di mese in mese, con l’insorgenza o la scomparsa delle malattie presenti nel territorio. Il medico aziendale deve pretendere dalla propria azienda una informazione aggiornata dei luoghi di lavoro, sia nelle città che nei cantieri esterni. Deve informare il proprio consulente e insieme aggiornare i protocolli preventivi da indicare a chi parte. Questi sono i veri principi ed i comportamenti dei medici aziendali e dei medici che operano nei centri di medicina per viaggiatori che vogliono tutelare i propri viaggiatori. Applicando le leggi e le giuste regole ed applicando protocolli corretti, si evitano danni, spesso irreversibili, come quello che è accaduto.

 

L’informazione corretta e una buona formazione abbattono i rischi.
Gli incidenti sul lavoro o i danni in corso di viaggio, applicando le giuste regole ed i protocolli corretti si ridurrebbero o addirittura si eliminerebbero. Tante malattie ed anche i decessi al ritorno da un viaggio, in particolare sul lavoro potrebbero essere evitate con una maggiore attenzione. Imperizia, superficialità ed ignoranza non possono essere più ammessi in una classe medica che ha a sua disposizione dei sistemi di informazione e di comunicazione che prima non esistevano. Le informazioni si trovano rapidamente; i contatti con i consulenti esperti sono molto più semplici di un tempo. Tutti i professionisti e le strutture sanitarie possono essere in contatto tra di loro e possono interloquire in una rete professionale che facilita di trovare soluzioni e supporto al proprio lavoro di clinico e di diagnostica.
Per questo motivo dobbiamo pretendere mai più morti di malaria. Questa è una malattia comune in moltissimi paesi del mondo, prevenibile con pratiche semplici da applicare, e curabile con farmaci efficienti se assunti all’inizio della sua diffusione nell’organismo.

 

Dr. Paolo Meo specialista medicina tropicale
direttore del Cesmet Clinica del Viaggiatore

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